martes, 8 de enero de 2008

Il Centro Interculturale delle Donne di Cologno Monzese

Finalmente vado a fare visita al Centro Interculturale delle Donne di Cologno Monzese. Per la prima volta faccio un tragitto così lungo in metropolitana, fino a che, risalendo in superficie, la metro oltrepassa i confini di Milano in direzione nord est. Uscendo dalla metropolitana tutto quello che vedo è grigio e alti palazzoni anche questi grigi. Seguo le indicazioni di C. (ah giusto, come sono arrivata in questo posto? Grazie alla mia supervisor del tirocinio, che ha fondato e gestisce insieme ad alcune colleghe il Centro, è lei che mi ha invitato) e arrivo alla Scuola elementare che ospita il Centro. Chiedo del Centro delle Donne e mi scontro con C. e un’altra donna impegnate a trasportare un materasso, mi affidano ad una terza signora con il compito di farci da guida, farci fare il tour! La signora è evidentemente straniera (non le chiedo di dove), ma in un ottimo italiano ci conduce nel corridoio del Centro spiegandoci tutto a cominciare dallo sgabuzzino “porta-prendi”, uno stanzino dove chi vuole porta quello che non gli serve più e chi ne ha bisogno lo prende (vestitini per bambini, lettini, carrozzine, scarpe, ecc..), nel retro dello sgabuzzino c’è una piccola cucina. Continuando nel corridoio mi assale un profumo di pane caldo e un vociare allegro. Bambini passano per il corridoio spostando sedie da una stanza all’altra seguiti da una ragazza in mini gonna verde acido e tacchi a spillo. La mia guida mi spiega qual è l’aula delle lezioni di italiano, l’aula “spazio-giochi dei bimbi”, l’aula “laboratorio” con i computer e le macchine da cucire e i materassini per la ginnastica. Tutte le aule hanno un’aria accogliente, pareti fresche e colorate, tende verdi alle finestre, tappeti e cuscini per terra. Nella seconda stanza mi invitano ad entrare, imito le altre togliendomi le scarpe all’ingresso (che buffo, mi ricorda molto le case marocchine) e mi siedo su un cuscino, lasciando le sedie alle signore più grandi. Sorprendentemente vedo anche un paio di signore anziane italianissime, una ragazza con il suo bimbo appena nato, una ragazza dall’aspetto non saprei dire se medio orientale o sudamericano, con nome e parlata italianissimi (poi scopro essere peruviana, ma nata in Italia), alcune signore velate di varia provenienza, un bambino che non capisco essere figlio di chi, perché tutte a turno lo vanno a recuperare quando si avvicina al tavolino dove man mano chi entra appoggia il proprio pane. Infatti, non ho detto che l’incontro di oggi ha come tema il PANE. Ora si spiega il profumo! Una giovane donna entra con una pagnotta intrecciata gialla e lucida, seguita da una signora con dei bellissimi capelli neri intrecciati sulla nuca. Iniziamo a parlare di pane, delle varie tradizioni legate al pane, ognuno dice quello che si usa fare nel proprio paese, nella propria regione, nelle proprie famiglie. La ragazza albanese raccoglie i racconti della suocera che non parla italiano e li traduce, le signore italiane ricordano le tradizioni delle loro mamme e nonne, lamentano di non essere più in grado di fare il pane e chiedono trucchi e segreti degli impasti delle altre donne lì presenti. Tutte lo cuociono con sistemi diversi. Dopo questa chiacchierata, con tanto di presentazione power point, ci lanciamo all’assaggio dei vari pani, poco dopo arriva anche la ragazza della mini verde acido con il seguito di bambini che portano con aria fiera una pagnotta alle olive appena sfornata (ma come ha fatto a tenerli buoni, farli impastare e infornare in così poco tempo e il tutto con quei tacchi?!).
Nel frattempo una signora argentina bionda racconta alle altre di aver trovato lavoro in un laboratorio e le altre si rallegrano per lei, che magari passerà il contatto ad un’altra in cerca di occupazione. Si fa ora di andare, aiuto una ragazza marocchina a portare giù il passeggino dalle scale e mi accompagna, con i suoi due bimbi, alla fermata della metro. Sposata con un egiziano, viene fuori che suo cognato vive a Saronno, mi racconta che le piacerebbe lavorare non appena il suo piccolo inizierà ad andare a scuola e con un sospiro mi dice che ha una grande nostalgia di casa e che la vita in Italia è molto dura. Eppure l’ho vista sorridere serena tutto il tempo mentre eravamo al Centro, penso. Ma allora, il solo fatto di far dimenticare i problemi alle donne, anche soltanto per un pomeriggio alla settimana, non è il più importante indice di successo del Centro?

y en el 2008, que quieren muchachas?

Amor, salud, dinero, trabajo, fiestas, viajes, o algo mas especifico??

lunes, 7 de enero de 2008

The Christmas Couscous

Do you remember my Moroccan mom?
Not all of you got the chance to meet her, so I have to go back to the origins of the story…The premises are that my family is so big, that sometimes it works as a social insurance: no matters how far you go, there will be someone who knows someone who knows someone friend of a relative of mine! It’s reassuring and scary at the same time!
So, when the big social net found out that I was going to Casablanca, one of my aunt called me to say that yes, she had a friend whose mom was living in Casablanca and that I absolutely had to talk to her before going. The friend invited me to her house and made me talk to her mom on the phone, asked all my contact details and ordered me to call her as soon as I were to touch Moroccan soil.
My first day in Casablanca she showed up at the residence with a box of sweets and a bucket of roses and the first thing she told me was “I am your Moroccan mom, if there is something that you need and you don’t call me I will be forever offended!”. She checked my apartment to see if I had everything, then she met my classmates and residence neighbors and she invited us all for couscous in her house. So began this momship and no words can say how incredible woman she is.

Going back to the present, my Moroccan mom came to Italy, to spend the vacations with her daughter’s family. Obviously the rest of the family, hearing my stories about her, was dying to meet her, thus we organized a big reunion, aunts, uncles, cousins and my grandma came for the big Christmas Couscous. My Moroccan mom and her daughter arrived early in the morning with plenty of bags: couscousière, and all the ingredients (I wonder how it feels like to shop all your life in Bourgogne market and all of a sudden going for grocery in an Italian ipermarket, considering how they transform under the Christmas stress of “we have to buy more food as possible or we’ll risk not to explode!”). And so, I SAW IT. I finally underwent the COUSCOUS MAKING EXPERIENCE, under my own eyes, in my own kitchen! Now I know, I know how to cut (not too much skin or the zucchini will become purea), the vegetable cooking order (first the carrots, then the pumpkin, the zucchini and at the very last, the cabbage), the spices, how to taste (everything with your hands, you put the broth and taste it directly from your hand, never from the spoon), how to pod the couscous’ grains and how to cook it (three times, always with your hands, I don’t get how they don’t burn their hands, put the oil on your hand and “massage” it! If the steam oozes from the hedge of the couscousière tie a wet cloth around it), how to make the delicious sauce with onions and raisins…I saw it all. NOW, we have to see if from seeing to making the passage will undergo some losses, WE WILL SEE!!!!